Il serpente e l’infinito (prima parte )

da | Gen 27, 2024 | 0 commenti

Oggi abbiamo paura dell’infinito perché non sappiamo più dove inizia e, quello che è più grave, non ci importa saperlo.

Anche il futuro non ci interessa perché le novità, belle o brutte che siano, si avvicendano in modo così repentino e convulso che non ci importa più conoscere quello che potrà succedere tra cinque, dieci, o venti anni: ma diventa molto più interessante quello che accadrà domani o dopodomani.

Si può immaginare l’infinito come la corrente placida di un fiume in piena che trasporta con sé il futuro: aver perso l’idea dell’infinito ci ha fatto perdere anche il nostro futuro.

In passato non era così. Nei tempi antichi, e anche nel secolo scorso, uomini e donne immaginavano l’infinito perché, sapere di poter sconfiggere i pochi attimi dell’esistenza umana, poteva aiutarli a costruire il futuro, e a dare anche un valore alla propria vita.

Isola di Ortigia, orizzonte verso il mare aperto, Siracusa; Sicilia.

Dalla metà dell’Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, per i veneti e i friulani imbarcati su una nave in rotta per le Americhe, l’infinito poteva essere rappresentato dalla linea dell’orizzonte in mare aperto, oppure, identificarsi con il profilo della steppa durante la costruzione della ferrovia transiberiana nelle terre della grande Russia.

L’infinito poteva anche essere l’immagine della volta del cielo punteggiato di stelle, dipinto da Giotto sul soffitto della Cappella Scrovegni a Padova.

Giotto di Bondone, particolare del cielo stellato , volta a botte della Cappella degli Scrovegni, 1303-1305; Padova.

Il valore della nostra esistenza è quindi strettamente legato all’infinito ma, a sua volta, l’infinito è vincolato al concetto di tempo e di spazio. Allora, si può pensare che la nostra inventiva possa costruire, con questi elementi, tutto ciò di cui ha bisogno utilizzando immagini reali e i simboli…

In modo astratto l’infinito si può esprimere con il simbolo ‘’, ma quale origine ha il simbolo ‘∞’? È allora che si deve risalire al racconto mitologico del serpente-primordiale, e alla storia di un antico timore: la paura della mancanza e l’origine della necessità.

Simbolo del serpente che si mangia la coda

Il fatto era questo: in principio il serpente-primordiale era solo, intorno a lui il nulla, cioè né tempo, né spazio e nessun gesto, il serpente-primordiale aveva solo sé stesso e l’infinito.

Allora provò ad ascoltarsi ma arrivava soltanto a provare un vago senso di noia. Oppure era il desiderio di qualcosa, o di qualcuno? Un malessere lo accompagnava, e non era una buona cosa. Così, in un tempo-senza-tempo e senza spazio, che per noi è impossibile misurare, il serpente abbandonò ogni esitazione e agì.

Spinto dalla mancanza e dalla necessità, il serpente iniziò a muoversi lentamente.

Ed era la prima volta.

L’immenso corpo, così spaventosamente grande che per noi è impossibile concepire, ondeggiava e scivolava nel nulla. E anche il nulla era così vasto, grandioso e tenebroso da non poterlo vedere, neanche con la fantasia.

Ed ecco che qualcosa, con la forza di mille e mille miliardi di vulcani, eruttanti pietra, ghiaccio e fuoco, gli esplose dall’interno, facendogli aprire la bocca. E fu così che uno smisurato alito straripò al di fuori e un gran boato accompagnò il flato delle sue budella. Dal suo intestino uscirono filamenti e grappoli di stelle bianche e lucenti. Il serpente-primordiale contemplò i brillanti bagliori delle stelle che gli rotolavano intorno e, finalmente soddisfatto, si riposò.

Giotto di Bondone, particolare con una stella, volta a botte della Cappella degli Scrovegni, 1303-1305; Padova.

Ma la sua pace fu breve.

Le stelle che erano uscite dalle sue viscere erano accompagnate da alito-di-vento che presto si rivelò poco docile e tranquillo per starsene in disparte.

Alito-di-vento era insaziabile, ora che stava fuori dal serpente lo cingeva stretto e lo provocava: voleva da lui qualcosa, un altro gesto, un movimento, una prova. Lo sfiorava di continuo toccandogli lievemente le squame, e invece di restare impressionato dalle dimensioni del corpo del serpente-primordiale, si espandeva intorno a lui sempre di più, sempre di più.

Ma un altro essere, invisibile e silenzioso, aveva accompagnato alito-di-vento al di fuori del serpente-primordiale. Il suo aspetto era terrificante, al punto da non poterlo nemmeno descrivere, uscito dal corpo del serpente, aveva impugnato il destino di tutto ciò che lo circondava: il suo nome era tempo.

Il serpente-primordiale guardava le stelle e ascoltava il fiato turbinoso di alito-di-vento, ma non poteva ignorare la presenza di qualcos’altro che si muoveva intorno al suo corpo. Tempo, l’essere misterioso che era uscito dalla sua bocca, ne scandiva ormai anche i desideri. Per questo motivo il serpente-primordiale cominciò a muoversi, avviluppandosi nelle sue stesse spire. Si attorcigliava, infastidito da quella presenza enigmatica e oscura, con movimenti dapprima larghi e lenti poi, sempre più ravvicinati e stretti, fino a quando incontrò la propria coda, e non sapendo che altro fare per combattere quelle strane presenze, se la morse.

Il serpente-primordiale, spinto dalla mancanza e dalla necessità, non aveva altra ragione che questa, e allora continuò a ingoiare sé stesso e tutto il firmamento che era uscito dalla sua bocca. Perché alito-di-vento e il suo compagno tempo lo avevano ingannato, stringendosi intorno a lui per sempre.

Fu così che, dalla forma del serpente-primordiale che ingoia sé stesso e gli universi di stelle e pianeti, nacque la figura dell’otto rovesciato, cioè il simbolo che dà immagine all’infinito spazio/temporale.

Simbolo dell’infinito

Sorge comunque una domanda: ma allora cosa c’era fuori dal serpente-primordiale?

Un buon consiglio può essere questo: è cosa buona e giusta prendere i problemi uno per volta, stare all’interno del serpente-infinito ci può andar bene. D’altronde, elevando il simbolo ‘∞’ all’infinito si può ottenere tutto lo spazio/tempo che ci serve.

Masolino da Panicale,Tentazione di Adamo ed Eva, 1424-25, affresco 208 x 88 cm. Cappella Brancacci, Chiesa di Santa Maria del Carmine; Firenze.

Al principio c’erano quindi: il serpente-infinito e il silenzio, in altre parole, la mancanza di ogni suono o gesto che accompagna la prima immagine, poi mancanza e necessità fecero uscire tempo e alito-di-vento che, stritolando il serpente, lo costrinsero ad agire.

Il serpente è dunque l’animale più mitico della storia dell’umanità, può farci perdere la retta via (il serpente dei progenitori), può guarire (il serpente simbolo del dio Asclepio), può combattere il male con la propria immagine (il serpente di bronzo di Mosè) …

In arte la sua raffigurazione attraversa ogni epoca e moltissimi sono gli artisti che hanno rappresentato la forma del serpente con tutte le tecniche dell’arte.

Il serpente è quindi sia dannazione e sia salvezza nello stesso tempo: può rappresentare l’origine di ogni cosa, e anche l’infinito.

1 – Continua

Serenella Minto
Veneziana, liceo artistico e laurea in architettura. Autrice di articoli e saggi di critica d’arte e di un premiato testo di narrativa, ha collaborato con case editrici alla stesura di manuali di storia dell’arte e architettura. Inserita nell'Albo Speciale dei giornalisti del Veneto. Direttore responsabile della pubblicazione di "Veneto Arte". Curatrice dell’archivio dell’artista veneziano Yvan Beltrame.

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